Advanced Metal Detecting Research Lab

"Dal 2009, un punto di riferimento tecnico, obbiettivo ed imparziale, per tutti gli amanti dei Metal Detector…"

THEORY

Introduzione alle Piastre per VLF…

In questo breve articolo illustreremo in modo semplice le caratteristiche peculiari delle piastre più diffuse sul mercato dei Metal Detector VLF. Devo molto delle mie competenze ai forum americani e agli articoli di Carl Moreland (amministratore del forum GEOTECH, ex capo ingegnere White’s e attualmente in forza alla Fisher Labs). Voglio inoltre ringraziare gli amici MareaMarea per lo spunto e Asolone per alcune precisazioni che troverete in fondo.

Le tipologie di piastre (qualcuno le chiama anche “bobine” o “teste rilevatrici”) più diffuse per VLF sono di questi tipi:

1) Piastre Coassiali

2) Piastre Concentriche

3) Piastre a Doppia D

4) Piastre a “8”

5) Piastre Speciali

In questa prima introduzione parleremo nello specifico solo delle prime tre tipologie lasciando ad una prossima trattazione le ultime due categorie perché, obbiettivamente, molto meno diffuse.

Elemento comune a tutti questi tipi di piastre è il fatto che esse siano realizzate attraverso avvolgimenti di filo elettrico (di solito rame). Esistono precise formule matematiche, che non inserirò qui perché inutili al fine di questa introduzione, che legano il numero di spire alla frequenza operativa, all’induttanza e capacitanza del metal detector per ottenere una piastra che sia il più possibile calibrata ed efficiente. Tra l’altro, è bene ricordare che NON E’ CONSIGLIABILE pensare alle piastre come se fossero delle antenne tipo quelle della TV. Se si seguono i dettami matematici necessari per ottenere una piastra che si comporti, per la frequenza a cui si opera (di solito inferiore ai 50KHz), come un’antenna efficiente, le dimensioni dell’avvolgimento dovrebbero essere GIGANTESCHE! Per fare un esempio teorico, secondo le leggi della fisica, per avere una piastra/antenna che lavori “perfettamente” a 15KHz (tipo White’s M6 o Garrett AT PRO per capirci) , dovrebbe avere una circonferenza pari a circa un quarto del rapporto tra lunghezza d’onda della luce e la frequenza operativa, ovvero di circa 5.000 (CINQUEMILA!) metri!!!!

Tornando ai principi base, se facciamo passare della corrente all’interno di questo avvolgimento, verrà generato un campo magnetico variabile come quello che si può vedere nell’immagine qui accanto. A seconda se la corrente sia continua o alternata avremo un campo magnetico di tipo “statico” o di tipo “variabile”. Quello che ci interessa di più è quello variabile detto anche “Campo AC” da Alternate Current (Corrente Alternata) o semplicemente Campo Elettromagnetico.

Cosa accade se avviciniamo una seconda bobina a questa prima dove passa la corrente alternata? La fisica ci insegna che assisteremo ad un “accoppiamento” (nessuna battutaccia vi prego!) tra le due bobine grazie al principio dell’INDUZIONE. Questo è il fenomeno alla base del funzionamento dei cosiddetti trasformatori*. Questi operatori elettronici utilizzano nuclei in metallo come l’acciaio o il ferro per massimizzare questo accoppiamento mentre le piastre dei metal detector utilizzano l’aria che li circonda.

Andiamo avanti…

Se il campo elettromagnetico emesso dalla piastra del metal detector investe un oggetto di metallo, verranno prodotte in quest’ultimo delle correnti circolari chiamate “eddy” o “parassite”. L’appellativo “eddy” (in inglese “gorgo”) deriva proprio dal fatto che siano circolari come il gorgo prodotto da un remo che entra nell’acqua e che spinga. A loro volta, queste “correnti eddy” produrranno, così come fa la piastra del nostro metal, un campo magnetico anche se molto, molto, molto più debole di quello originale.

Come possiamo dunque, “intercettare” questo campo magnetico per così dire “di rimbalzo”? Il buon Carl Moreland paragona questa impresa al cercare di ascoltare un sospiro in mezzo ad un concerto rock!!!

Il “trucco” usato nelle piastre dei metal detector VLF si fonda sul principio di accoppiamento induttivo di cui ho parlato prima. E’ possibile quindi piazzare una seconda bobina (chiamata RICEVENTE) in una posizione e ad una distanza opportuna dalla prima (detta TRASMITTENTE) in modo che non ci sia affatto un accoppiamento (tecnicamente si parla di “null”). A questo punto potremo definire le due bobine (TX e RX) “induttivamente bilanciate”.

Eravamo arrivati al punto in cui una bobina trasmittente (TX) genera un campo magnetico molto forte e il target metallico che ne è investito ne genera uno molto debole. Ora noi vogliamo che la bobina ricevente (RX) riesca ad ignorare il “fragore della TX” e rilevare il “sussurro del target”. La soluzione tecnica è quella di “bilanciare” la bobina ricevente in modo che non si accoppi induttivamente con la bobina trasmittente. Per fare ciò esistono metodi di bilanciamento di natura meccanica e metodi di bilanciamento elettrico.

Le piastre di tipo Coassiale sono caratterizzate dalla sovrapposizione appunto sullo stesso asse (come in un panino!), di ben 3 bobine: o due riceventi e una trasmittente o viceversa.

L’elemento fondamentale è che le due bobine riceventi (o nell’altro caso le due trasmittenti), abbiano polarità invertita in modo da annullare l’effetto induttivo della trasmittente.

Le piastre Concentriche (fino a qualche anno fa le più diffuse sul mercato) anch’esse fanno uso di tre bobine come le coassiali ma vengono posizionate in modo, appunto, concentrico. Se le bobine fossero solo due, si potrebbe assisterebbe ad un accoppiamento induttivo. E’ proprio grazie alla terza bobina (di solito una TX con polarità inversa), posta a ridosso della bobina RX che servirà per annullare l’effetto di accoppiamento. Questo tipo di piastra è, notoriamente quella che produce un campo magnetico dal volume più grande in termini di profondità raggiunta e dalla forma simil-conica. Parimenti risulta la meno efficiente, proprio per il motivo appena indicato, nel gestire terreni mineralizzati. Per cercare di contrastare questo effetto negativo, alcune piastre concentriche, pur perdendo in profondità, adottano una forma ellittica per alterare la forma del campo magnetico e, di conseguenza, il “pescaggio” del terreno.

Nelle piastre Doppia D, ad esempio, che derivano da un tipo di piastra ora poco diffuso chiamata “OO” o Complanare (perché le bobine TX e RX giacciono sullo stesso piano), c’è una zona detta di sovrapposizione tra la bobina RX e quella TX (vedi immagine). Dato che la parte interna e la parte esterna del circuito trasmittente hanno polarità opposta, posizionando opportunamente la bobina RX è possibile “cancellare” l’effetto di induzione.

Le DoppiaD, inoltre, posseggono ulteriori vantaggi rispetto alle “OO” e alle altre tipologie di piastra. La zona di sovrapposizione risulta molto più lunga (in senso verticale) delle “OO” permettendo una copertura maggiore del terreno e, grazie alla peculiare conformazione, la forma del campo magnetico generato sarà più simile alla chiglia di una barca che non al un simil-cono tipico, ad esempio, delle Concentriche. Ciò, come molti sanno, può fare la differenza in termini di capacità di separazione ed identificazione dei target. Inoltre, come ho avuto molte volte occasione di ripetere, avendo un profilo più stretto, il volume di terra “pescato” sarà inferiore e gli eventuali disturbi legati alla mineralizzazione saranno maggiormente contenuti.

Concludo qui questa prima parte introduttiva sulle piastre più diffuse per i metal VLF.

Nella seconda ed ultima parte parleremo dei 2 ultimi tipi di piastre (a 8 e piastre speciali), dell’Effetto Ground, su quali sono i fattori che possono influenzare le performance delle piastre e di tante altre cose, spero,  interessanti…

Chiedo ovviamente scusa per le eventuali imprecisioni terminologiche che, come al solito, sono state fatte in totale buona fede e nel tentativo, per quanto mi è possibile, di rendere l’argomento più semplice possibile.

Leonardo/”Bodhi3″

* (Aggiungo una nota di precisazione, con un piccolo editing, ad opera dell’amico ASOLONE, che ringrazio vivamente, sul funzionamento teorico dei trasformatori e dei metal detector VLF)

Al fine della nostra trattazione, come suggeriva già Bodhi3,  è più opportuno trattare la bobina di ricerca come un trasformatore avvolto senza nucleo , con un primario e un secondario, io lo chiamerei più opportunamente trasformatore differenziale,  perchè differenziale ? Perchè come in tutti i trasformatori avremo l’avvolgimento primario (trasmettitore , cioè l’avvolgimento che crea il campo magnetico irradiato nel terreno) e un secondario (ricevitore) tarato in maniera molto particolare. Per effetto dell’induzione magnetica l’avvolgimento secondario genera ai suoi capi una tensione elettrica indotta dall’avvolgimento primario, questa tensione dipende dal rapporto di spire tra i due avvolgimenti e la tensione trasmessa dal primario, quindi quando accendiamo il nostro metal, un avvolgimento funge da generatore di campo magnetico e l’altro da ricevitore cioè a sua volta questo avvolgimento genera ai propi capi una tensione indotta. A questo punto i nostri cari amici tecnici della White’s , C. Scope, Minelab, ecc sovrappongono i due avvolgimenti delle bobine in maniera da bilanciare la tensione indotta sulla bobina ricevente in maniera che si annulli (N.d.B3. il sopracitato “null”). In questo modo senza alcun target vicino alla bobina la tensione ai capi della bobina ricevente sarà zero, quando invece avviciniamo un target alla bobina (quest ‘ultimo investito dal campo magnetico della bobina trasmittente) esso genererà a sua volta un campo magnetico per effetto delle eddy current che andrà a sbilanciare la taratura fatta in fase di progettazione …
In conclusione, avvicinando un target ai capi della bobina ricevente troveremo una tensione che via via sarà sempre maggiore. Tralascio lo spostamento di fase e la risonanza per non appesantire il già pesantissimo discorso…

Grazie ancora Asolone!

2 pensieri riguardo “Introduzione alle Piastre per VLF…

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

This website uses cookies. By continuing to use this site, you accept our use of cookies.