REAL SEARCH: Bombardamento a Mignegno
(c) 2012 by Gianni Giusti – Ripubblicato con il permesso da parte dell’autore da www.lunigianainsolita.com
Chissà quante volte ci siete passati davanti e magari non gli avete mai rivolto uno sguardo. Mignegno è quella piccola frazione di Pontremoli che si trova immediatamente prima del ponte sul Magriola, il primo a salire verso la Cisa, prima dei tornanti. L’autovelox….. sì…. l’autovelox a monte di Pontremoli!! ecco il riferimento per chi ha ancora qualche dubbio sulla sua posizione geografica….. “potere” della vita moderna!!
Forse non è il più bel paese della Lunigiana, non me ne vogliano i suoi abitanti, ma lì sono accaduti fatti molto importanti.
Nel Medioevo era luogo di sosta prima di affrontare la salita per il passo di Monte Bardone (passo della Cisa). E’ il luogo dove l’imperatore Carlo VIII, nell’estate del 1495, si accampò con il suo esercito mentre veniva data alle fiamme la città di Pontremoli.
In tempi recenti, Mignegno ha visto il dramma della seconda guerra mondiale e gli scontri tra l’esercito tedesco e della Repubblica Sociale Italiana in ritirata e i partigiani assieme agli alleati. Di questi esistono tracce in cippi e targhe commemorative ma si possono anche trovare resti, ormai nascoste dalla terra. Oggetti testimoni e protagonisti di eventi avvenuti 70 anni fa circa.
Tra il 1944 ed il 1945, i bombardamenti sulla Cisa sono stati frequenti, ma Mignegno ne ha visto uno particolarmente violento.
Parto di buon ora in una mattina di Giugno, con dei rilevatori di metalli. L’obbiettivo e trovare quegli oggetti persi nelle fasi concitate dei tragici eventi. Quest’anno il caldo tarda a venire, sul calendario è segnato il 13 Giugno ma la temperatura è quella di aprile. L’aria è piacevole, a tratti persino troppo fresca. Le nuvole arrivano dalla costa, rallentano nei pressi degli Appennini, diventando più consistenti e minacciando pioggia. Che bella la montagna in questo periodo! Pontremoli è circondata da boschi e verdi pascoli montani.La mattina tutto è tranquillo e silenzioso. Mi fermo a fare colazione al bar “Impero” di Pontremoli. Diversi anziani commentano il giornale mattutino o giocano a carte.
Le condizioni atmosferiche del 26 aprile 1945 erano simili a quelle di oggi. Anche allora era primavera, l’aria era fresca ed il tempo incerto. Non c’era tempo di apprezzare la montagna in primavera, ne per gli alleati ne per i soldati dell’asse che procedevano lungo la statale per Mignegno. Da quì risalivano verso il passo della Cisa attraverso la strada e i sentieri. Le divise non erano più quelle nuove di un tempo e la “forma” ormai non contava più nulla. La linea gotica era caduta e gli ultimi soldati dell’asse si stavano ritirando dopo aspri combattimenti nelle zone di Fosdinovo e Carrara. La speranza era di ricongiungersi agli altri reparti oltre Po…… forse era la speranza di pochi….. forse solo gli alti ufficiali. Per i più la guerra era chiaramente persa e l’unico obbiettivo era salvare la pelle e tornare a casa dalla famiglia.
Mi adeguo ai ritmi della vita montana, qui la fretta non è di casa. Consumo il caffè, leggo il giornale e torno alla macchina. Salendo verso Mignegno cerco di immaginare quello che possa essere successo in modo da scegliere bene le zone di ricerca. La statale sopra Mignegno sale tra tornanti a gomito che rendono la risalita lenta ma piacevole. I motociclisti amano questo tipo di strada. Tutto questo tratto di strada si trova a sud e guarda Pontremoli. La vegetazione è fitta e solo in alcune zone è diradata dal taglio degli alberi avvenuto in inverno. La Cisa, fin dai tempi di Napoleone è considerata una strada “militare” grazie al fatto che ha pochi ponti che, in tempo di guerra, potrebbero essere danneggiati per interrompere i collegamenti.
Questa strada non doveva essere molto amata nel ’45 nè dagli uomini della Wehrmacht nè da quelli della rsi. Risalenedo lentamente erano esposti a raid aerei inoltre, le montagne vicine, offrivano riparo e punti di osservazione ai partigiani della zona, come dimostrano le numerose buche di osservazione presenti sul crinale di Traverde. Per quanto tortuosa, la statale della Cisa non offriva altre valide alternative al traffico militare. Nella notte tra il 18 e 19 marzo, il ponte della statale a Mignegno era stato fatto saltare. Il transito sul Magriola avveniva sul sottostante ponte in fondo al paese, presidiato dalle truppe tedesche.
Consulto le mappe per capire la dislocazione dei sentieri, questo mi consentirà di capire come dovevano risalire le truppe e in che modo sia stato vissuto quel tragico evento. Appena oltrepassato il torrente Magriola, sulla sinistra ci sono alcune piane con degli ulivi abbandonati. Mi sembra un bel posto per iniziare le richerche. Parcheggio nei pressi del cimitero, mi “armo” dei miei strumenti, degli zaini con l’acqua e “viveri” e risalgo un tatto di strada sterrata posta a monte del ponte sul Magriola.
I soldati attraversavano il ponte in fondo al paese per poi immettersi sulla statale. Stanchi da anni di guerra, le truppe a piedi risalivano con i loro zaini pieni e le armi a tracollo. Il morale era a terra. Tra queste c’erano anche truppe he avevano tentato la ritirata verso altri passi ma che, trovandoli chiusi, avevano ripiegato sulla statale della Cisa. Appena arrivati sulla statale, trovavano due alternative: o proseguire nei tornanti, oppure percorrere l’antica mulattiera che sale ripida. Attualmente questa mulattiera è in parte scomparsa o non piùpercorribile, ma nel ’45 probabilmente era ancora là. Quel che adesso è un uliveto abbandonato, nel ’45 doveva apparire come una zona di sosta e di riposo, prima della faticosa salita verso il passo.
Arrivo nell’uliveto, da qui si vede tutta la vallata che scende da Mignegno. Il terreno è fatto a piane, il mio preferito. Ci sono i pali dell’energia elettrica che corrono verso l’alto in quella che un tempo era la mulattiera. Monto i metal detector e la caccia inizia. Si comincia con lo “spazzolare” la zona più pulita e pianeggiante. I segnali non mancano, il ferro pullula…. sono le schegge delle bombe esplose. Dopo poco arriva il primo target buono: è un buono per l’acquisto di materiale presso un deposito. Poco più in alto, ai piedi di un poggio, il ritrovamento più emozionante: un piastrino militare italiano. Qua e là vengono ritrovati pezzi dei 20mm probabilmente esplosi dalla contraerea o più semplicemente esplosi a terra per effetto del bombardamento. E’ chiaro che quella zona è stata oggetto di bombardamenti e mitragliamenti aerei. A parte qualche bossolo, non ci sono segni di scontri a fuoco a terra.
Era normale vedere salire e scendere mezzi dalla statale della Cisa: da li arrivavano i rinforzi e i rifornimenti per la gotica apuana. Nella notte del 26 aprile 1945 però, il fiume umano di soldati, risalive il passo invece di scendelo. Posso solo immaginare file di uomini che a gruppi risalivano faticosamente la strada. Forse qualcuno si stava riposando lungo il percorso, qualcuno fumava e pensava alla propria famiglia, c’era forse chi scriveva una lettera, c’era forse chi credeva ancora in una possibile vittoria, c’era il fanatico nazista che impartiva ancora ordini con tono perentorio…. chissà, ogniuno la immagini come meglio crede. Fatto stà che quella notte non fu come le altre…. si sentirono gli aerei che arrivavano da lontano, la zona fu illuminata a giorno da tantissimi bengala e ci fu il fuggi fuggi generale. Gli aerei iniziarono a sganciare bombe e a mitragliare gli uomini a terra che nel caos generale cercavano di sfuggire. La folle guerra degli esseri umani non risparmia neppure gli animali: molti ricordano i cavalli imbizzarriti a Mignegno che correvano nella statale in direzione dei monti e precipitavano, con il loro carico di merce e di esseri umani, dal ponte della statale fatto saltare a marzo.
La mattina presto del 27 aprile i cadaveri erano ovunque, dai tornanti della Cisa alla strada che porta a Succisa. Nel Magriola le carcasse dei cavalli si mescolavano a quelle dei soldati. In mezzo a questi, si aggiravano gli abitanti della zona per prendere le scarpe e gli averi dei soldati morti. Un testimone racconta di rigagnoli di acqua color sangue che scendevano lungo la strada.
Il tempo è migliorato e il sole adesso risplende, rimane qualche rigagnolo d’acqua lungo la strada. L’acqua è quella di sempre, quella che noi, nuove generazioni, siamo abituati a vedere: fresca e pulita. Il tempo ha pulito le menti da odi e rancori ma il sangue di quel giorno rimane nelle menti di chi le ha vissute, da qualsiasi parte stavano.
Vale la pena segnalare un ritrovamento interessante: un bracciale fatto con una corona di forzamento (la parte metallica in ottone delle ogive dei proiettili d’artiglieria). E’ la cosidetta “trench art” ossia un elemento decorativo realizzato da soldati, prigionieri di guerra o civili, dove la produzione è direttamente connessa a conflitti armati o delle sue conseguenze. Qualcuno aveva preparato il bracciale per chi lo aspettava a casa: la moglie, la fidanzata, la figlia…. il bracciale improvvisato è rimasto lì ma mi piace pensare che il soldato che lo ha costruito sia tornato a casa, facendo alla sua famiglia il più bel regalo.
Concludo con l’aspetto più tecnico della ricerca. Non mi sento di dare consigli ne impostazioni specifiche del metal detector perchè c’è chi è più capace di me. Tuttavia vi descrivo la mia personale esperienza di ricerca in zone della seconda guerra mondiale.
Le zone dove ci sono stati aspri combattimenti, sono caratterizzate da un inquinamento metallico notevole. Quando dico inquinamento metallico intendo metalli di ogni genere: dalla scheggia ferrosa al piccolo fregio in leghe strane. Le prime volte che affrontavo questo tipo di ricerca cercavo di limitare gli scavi, selezionando con cura il metallo da scavare. Allora avevo un Explorer che mi permetteva di escludere del tutto il ferro….. che comodidà dicevo allora!!!
Quando sono passato al Tejon mi sono però reso conto di tutto quel che mi ero perso. Questo metal non rigetta MAI del tutto il ferro, inoltre la discriminazione è “lineare” ed ha un tono unico….. risultato, scavi tutto escluso il ferro piccolo. Quanto ferro e quante corone scavate!! Però sono arrivate anche le grandi soddisfazioni. Quindi, regola numero uno: scavare tutto quel che va da ferro grande in su.
Mi è capitato spesso di trovare materiale interessante nella terra scavata da altri. Ci fu grandissima soddisfazione quando trovai il fregio di addestramento in germania, nella terra scavata da una buca. Regola numero due: ripassare le buche già scavate
Per curiosità, un giorno, con altri amici abbiamo scavato una buca che suonava ferro….. c’era di tutto: dalle bottiglie alla schiuma da barba. Regola numero tre: scava le buche anche se suonano ferro
Ci sono zone scavatissime, talmente tanto che sembra impossibile trovare qualcosa. Guardati attorno. Regola numero quattro: non disperare mai a volte basta spostarsi di pochi metri.
Regola numero….. vabbè, lasciamo perdere, ci sono alcune considerazioni e “trucchi” che voglio tenermi per me. Tutto sommato tra i cercatori di funghi ed i detectoristi non c’è differenza: entrambi non svelano volentieri posti e trucchi.
Questo lungo articolo lo concludo con i ringraziamenti agli amici del metal detector (Nino, Carlo, Giuliano, Giovanni, Sergio e Mauro) che ogni tanto, fanno capolino nella mia posta, nel telefonino o nei miei SMS. Anche se non li sento spesso per problemi personali. GRAZIE AMICI.
Grazie anche a Leo per lo spazio che mi ha concesso sul suo blog.Non lo conosco di persona ma penso che ce ne sarà l’occasione. Apprezzo molto la tua competenza ma anche la genuinità con cui scrivi i test…. il tuo è un blog “biologico”: non inquinato da interessi.
L’articolo è replicato anche sul mio sito personale (http://www.lunigianainsolita.com/articolo/bombardamento-mignegno), con la sola differenza che è stato “castrato” dell’aspetto tecnico della ricerca.
Gianni Giusti
Nota di Leonardo/Bodhi3: Grazie mille Gianni per aver condiviso con noi questa emozionante esperienza. L’hai raccontata in modo davvero coinvolgente. Un avviso per tutti voi lettori: nel sito di Gianni potrete trovare anche numerose altre foto inedite e tanti altri interessantissimi articoli!
Bellissimo racconto Gianni ed ottima sintesi storica. Giovanni